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giovedì 25 febbraio 2016

Pericolo Deflazione in Europa in attesa di Draghi


Quest'oggi sono stati rilasciati gli ultimi dati disponibili sull'Inflazione in Europa. Nell'ultimo anno i prezzi sono saliti in europa in media dello 0,3%. Il dato relativo all'ultimo mese è stato a dir poco negativo con un -1,4%
Il dato appare alquanto omogeneo in tutta Europa per quanto l'inflazione Core rimanga su livelli leggermente più elevati +1% Y/Y
Se osserviamo un grafico mensile  dell'inflazione europea emerge un dato piuttosto sconfortante. Sono passati 3 anni (gennaio 2013) da quando l'inflazione europea era sul target fissato dalla Banca Centrale Europea (2%). Se consideriamo che è passato quasi un anno dall'avvio del programma di acquisto di titoli di stato da parte della BCE (Quantitative Easing) ad un ritmo di 60 MLD di euro al mese, possiamo dire che la credibilità della banca centrale è messa in discussione


Sebbene la bassa inflazione e per certi versi la Deflazione possano avere alcuni risvolti positivi per il consumatore (maggior potere di acquisto) complessivamente gli aspetti negativi sono ben superiori. 
La deflazione provoca una compressione del mark-up sul prezzo finale dei beni venduti dalle imprese e di conseguenza provoca meno liquidità e minor profitti per le aziende. Minor profitti provocano inevitabilmente meno produzione complessiva e probabilmente qualche licenziamento per eccesso di capacità produttiva. Questo provoca un aumento inevitabile del tasso di disoccupazione e le persone che rimangono senza lavoro saranno costrette a ridurre le proprie spese, il proprio tenore di vita ed i propri consumi. Ciò provoca un calo della domanda di beni e servizi a livello aggregato e porta ad un nuovo eccesso di produzione che si traduce in una deflazione che si autoalimenta. Deflazione che in questo caso porta anche ad un tracollo della crescita economica e facilmente intuibile ad una Recessione continua finchè il mercato non trova un nuovo punto di equilibrio. La deflazione blocca oltretutto lo spirito imprenditoriale e gli investimenti in quanto il semplice calo dei prezzi delle merci prodotte 2 mesi fa riduce e in molti casi azzera il guadagno sul magazzino dei beni prodotti. 



Ancora più preoccupante è la dinamica dell'Inflation Swap  Forward 5x5 Y. Questo indice esprime le aspettative di inflazione a 5 anni da parte del mercato fra 5 anni. Quest'oggi siamo scesi su nuovi minimi assoluti ( al di sotto dell'1,4%) contro 1,8% registrato a inizio Dicembre 2015. 



A questo punto la Banca Centrale Europea si trova davanti a un nuovo e difficile compito: 1) agire in modo molto massiccio nella prossima riunione del 10 Marzo con questi strumenti in modo da far risalire le aspettative di inflazione nei prossimi anni
- tagliando il tasso sui depositi di 20bps portandolo a -0,50%
- riducendo il tasso ufficiale di riferimento di 10bps e portandolo in territorio negativo a -0,05% ( oggi è a 0,05%) seguendo la banca centrale giapponese che ha portato i tassi a -0,1%
- aumentare la portata del quantitative easing di 20 MLD al mese ( da 60 a 80 mld al mese) 
- aumentare la duration media dei titoli acquistati nell'ambito del quantitative easing. 
- estendere ad altre tipologie di strumenti finanziari gli acquisti ( corporate bond di alto livello di merito creditizio) 

Qualora non agisse in tal senso le aspettative di mercato verrebbero abbassate significativamente e a quel punto anche la credibilità stessa della BCE verrebbe meno e questo porterebbe inevitabilmente a nuove tensioni finanziarie sui mercati azionari e non. 

Oltretutto in alcuni paesi la deflazione è già un problema (ad esempio in Spagna siamo a -0,5% y/y) e questo potrebbe mettere in discussione anche la sostenibilità dei paesi con un elevato debito pubblico. Il debito pubblico italiano ad esempio è a fine 2015 pari a 2169,9 Miliardi di euro ed è pari al 132,8% circa del Pil italiano. Un inflazione stabile al 2- 3% annuo rende molto più sostenibile un debito del genere perchè il Pil nominale si rivaluta.  



giovedì 18 febbraio 2016

Riviste al ribasso le aspettative di crescita mondiale sia da parte dell'OCSE sia da parte di Moody's



Questa mattina sono state pubblicate le nuove previsioni dell'Ocse sulla crescita economica nel mondo. Puntualmente sono state riviste al ribasso sia a livello mondiale (-0,3%) sia per l'area euro (-0,4%). Molto marcata la revisione al ribasso rispetto a novembre per l'Italia (-0,4%) che nel 2016 dovrebbe salire a questo punto dell'1% e dell' 1.4% nel 2017. In basso la tabella con il nuovo outlook per i vari paesi. Inutile sottolineare la drammatica recessione del Brasile ( che proprio ieri sera è stato downgradato da Standard & poor's a BB da BB+ con outlook negativo) che dovrebbe accusare un calo del 4% nel 2016. 

Anche Moody's in un report pubblicato ieri ha espresso le sue preoccupazioni sulla crescita globale specificando che la crescita dovrebbe assestarsi attorno al 2,6% per il 2016 e al 2,9% per il 2017. In basso la tabella con i vari paesi


Fonte: Moody's  

mercoledì 17 febbraio 2016

Le quattro micce che hanno fatto esplodere i mercati finanziari negli ultimi 2 mesi


Gli ultimi due mesi sui mercati finanziari sono stati caratterizzati da una gigantesca ondata di vendite che ha colpito quasi tutte le asset class. La volatilità è stata la protagonista indiscussa con picchi vicino al 50% annuali sui comparti azionari negli ultimi giorni (Historical Volatility a 10 giorni su Eurostoxx 50) . Raggiunti questi livelli sono scattate delle ricoperture tecniche con rimbalzi di una certa consistenza sia sul fronte azionario che sul fronte del credito. 
Analizzando i motivi scatenanti di questa crisi sui mercati si possono trovare almeno quattro elementi che hanno innescato questo sell-off: 
1) Cina. L'economia Cinese appare in deciso rallentamento negli ultimi mesi e il trend di crescita che ha caratterizzato l'economia è senza ombra di dubbio destinato ad affievolirsi nei prossimi anni. Negli ultimi anni la crescita economica cinese è stata sostenuta da due elementi: Gli investimenti dall'estero (molto elevati in % rispetto al Pil) ed in secondo luogo da una crescita senza controllo del credito del settore privato salito dal 120% rispetto al Pil nel 2008 ad oltre il 200% rispetto al pil nel 2015). Questo ha portato alla creazione di una bolla finanziaria molto ampia come si può notare dalla spaventosa crescita realizzata dall'indice cinese SHComp che da metà 2014 a metà 2015 è passato da 2000 punti agli oltre 5100 punti toccati a giugno 2015 con una crescita ben superiore al 100% in appena 12 mesi. 


L'esplosione della bolla del credito in cina sta avendo ripercussioni anche sull'economia reale cinese che ha iniziato a rallentare nonostante i numerosi interventi della Banca Centrale Cinese effettuati a partire da Agosto 2015. 


Le aspettative degli operatori sono per una crescita del Pil cinese ancora molto sostenuta (nell'ordine del 6,5% per il 2016) anche per i prossimi anni. La realtà è che il rallentamento economico sarà probabilmente molto più marcato e sarà già un miracolo se alla fine del 2016 si arriverà a un 6%!. 
Il problema è che il mondo ormai è diventato sempre più globale e come evidenzia la banca centrale nel report di gennaio un calo dell'1% della crescita economica nei paesi BRIC ha ripercussioni nella crescita a livello globale di uno 0,4% nei successivi 2 anni. 


La spaventosa fuoriuscita di capitali dalla Cina negli ultimi 12 mesi ci lascia abbastanza basiti e intimoriti (oltre 1000 Miliardi di dollari) ed è difficile immaginare cosa possa accadere all'economia cinese nei prossimi anni senza il supporto di questi capitali. 



Le previsioni della Banca Centrale Mondiale di fine Gennaio sembrano ancora sottovalutare questi effetti nella crescita futura della Cina. 




Discorso simile per ciò che riguarda il Fondo monetario Internazionale che segnala per il 2016 una crescita del Pil cinese dell'6,3%. 


Piccola nota a margine l'Italia che nel 2015 è cresciuta dello 0,7% dovrebbe crescere nel 2016 dell'1,3%. Personalmente credo che se arriveremo a un +0,8%-1% nel 2016 sarà già tanto considerando le tensioni e le incertezze sui mercati nei primi mesi di quest'anno. 


2) Il secondo elemento chiave che ha innescato il grande crollo sui mercati è stato indubbiamente il Petrolio. Nell'ultimo anno e mezzo il prezzo del Crud Oil è passato da 110$ al barile a 26$ la scorsa settimana. Ad oggi sembrerebbe possibile un rimbalzo dalle quotazioni attuali almento verso i 37-38$. 


Se nel lungo periodo un calo del prezzo del Petrolio è un fattore positivo per l'economia (almeno per come l'abbiamo studiato sui libri di Economia all'università) nel breve periodo è stato senza ombra di dubbio un fattore molto negativo. In primis un crollo simile non si vedeva dal 2008 cosa che di certo non è tranquillizzante pensando a cosa è successo ai mercati nei 12 mesi successivi. In secondo luogo un calo del petrolio ha innescato un processo deflattivo a livello mondiale portando molte banche centrali a una politica monetaria ultra espansiva con tassi a 0% o in alcuni casi a tassi ufficiali negativi ( Giappone e Svizzera per citarne due). Deflazione = minor valore di tutti gli asset finanziari, minori margini e minori profitti per le aziende che son costrette a limare i prezzi per non rischiare di tenere le merci in magazzino (che ha comunque un costo). Inoltre l'aspetto più significativo per i mercati finanziari è che il crollo del prezzo del petrolio ha innescato un violentissimo crollo degli utili del settore petrolifero e delle materie prime in genere, determinando di conseguenza un forte deterioramento del merito di credito delle varie società. Questo ha prodotto oltre che a un naturale calo degli investimenti nel settore anche ad un crollo del mercato degli High Yield (titoli ad alto rendimento che investono su società con rating inferiore all'Investment Grade) americani con conseguente impennata degli spread di credito. 
Nel grafico sottostante si può osservare la pericolosa similitudine tra il 2007-2008 con il 2015 e l'inizio del 2016 sull'impennata degli spread dei titoli HY americani che hanno superato i 700bps. 

A corredo di questo si può evidenziare l'impennata dei rendimenti dei titoli HY USA. Si è passati da un rendimento vicino al 5% a giugno 2014 al 9% di fine 2015. 


A livello settoriale il problema legato al petrolio e alle materie prime appare ancora più evidente. Nei settori Metals & Mining ed Energy sono saliti dal 5-6% del 2014 al 16% a fine 2015. 

Contemporaneamente i tassi di Default registrati dalle aziende High Yield sta crescendo anche se a ritmi ancora piuttosto blandi. 

Fonte : Moody's Investor Services, Bofa, Merrill Lynch. 

L'ultimo ma non meno rilevante effetto del crollo del petrolio è l'effetto sulle economie esportatrici di combustibili fossili, dall’Arabia Saudita alla Russia, dal Venezuela al Brasile. Gli effetti collaterali di questo crollo delle entrate sono però rilevanti anche al di fuori di quelle economie. Per esempio a causa delle minori entrate dei paesi del Golfo hanno cominciato a vendere massicciamente le azioni che avevano accumulato nei loro fondi sovrani, e questa è una delle cause principali del crollo dei mercati azionari nelle scorse settimane. Avendo meno entrate hanno già cominciato a tagliare la spesa pubblica, fondamentale strumento di consenso in paesi come l’Arabia Saudita, per la quale qualcuno vede rischi di stabilità politica, ma anche per la Russia di Putin, la cui combattività in politica estera fa da contraltare alla debolezza economica e alla caduta del potere d’acquisto all’interno. L’impoverimento rapido dei paesi esportatori di petrolio e di altre materie prime riduce i loro consumi e investimenti, e quindi incide sui conti delle imprese che esportano in quei paesi.



3) Il terzo elemento che ha guidato i ribassi in questa fase calda sui mercati finanziari è stato il sistema bancario europeo. La complessità normativa e l'attuazione dei primi Bail-In invece che tranquillizzare i risparmiatori ha messo in fibrillazione tutti gli operatori sia istituzionali sia retail. 
Le preoccupazioni sono iniziate già verso fine 2015 quando si iniziava a dubitare della profittabilità del sistema bancario per poi trasformarsi in preoccupazione vera e propria della Solvibilità delle banche europee. Si potrebbe analizzare una singola banca magari in difficoltà per sparare sulla croce rossa ( Monte Paschi, Banca Popolare di Vicenza, Veneto Banca, Deutsche Bank) ma volendo osservare l'intero comparto basta osservare semplicemente l'andamento dei grafici. Da luglio ai minimi della scorsa settimana l'indice bancario europeo ha perso il 45%. Gran parte di questa perdita si è accumulata dall'inizio del 2016 con un calo del 30%. Ogni commento a riguardo appare superfluo. 


4) Il quarto elemento e forse più difficile da analizzare riguarda la politica monetaria della FED legata al ciclo economico negli stati uniti. La crescita degli USA appare in moderato rallentamento e gli ultimi dati macroeconomici mettono in evidenza alcune preoccupazioni. 
Il dato dell'Empire manufactoring di New York ha registrato un valore di -16,64. Un valore simile o peggiore a livello mensile negli ultimi 15 anni è stato registrato solo in altre 2 occasioni: 2001 e 2008-2009 ovvero quando l'economia americana è andata in recessione
Per chi non lo sapesse questo indicatore misura lo stato di salute dell'economia americana nel settore manifatturiero attraverso una indagine su circa 200 imprese manifatturiere dello stato di New York. 
Al di sopra dello 0 indica condizioni in miglioramento, mentre al di sotto di esso condizioni in peggioramento. 


La vera domanda a cui non siamo per ora in grado di rispondere è il punto focale della questione: L'economia americana sta andando in recessione ? 
Prima di risponde a questa domanda bisogna ricordare che il ciclo economico espansivo in america dura mediamente 7 anni. Infatti dopo la recessione del 2001 vi fu la recessione del 2008 e ora? Ora sono passati 8 anni dall'ultima recessione.....
Le similitudini a livello grafico tra il 2008-2009 e questo scorcio di 2016 iniziano a essere molte e sono numerosi a questo punto gli indizi che ci portano ad una cautela ai mercati finanziari in questa fase. 
In ultima analisi bisogna osservare la politica monetaria delle grandi banche centrali. Tutte ad esclusione della Fed stanno proseguendo una politica monetaria espansiva (e potrebbe diventar ancor più espansiva per la BCE e per la BOJ già dal mese prossimo). Probabilmente la Yellen ha alzato troppo tardi i tassi di interesse a dicembre e questo ha peggiorato lo stato di salute dei mercati finanziari già pieni di bacilli dall'estate scorsa. La guerra valutaria in corso non sembra finita e basta osservare i grafici di Euro/Yen e Euro/USD per capirlo. 
Se per il cambio euro/dollaro persiste il trading range 1.05-1,15 negli ultimi 12 mesi la volatilità sul cross USD/Yen appare ancora molto forte. 

Osservando con attenzione in grafico sottostante si può osservare come a guidare le scelte degli investitori da un atteggiamento di Risk-on ad uno Risk-off sia stato il mercato dei cambi. Come si può facilmente appurare il crollo di agosto scorso sui mercati fu innescato da un forte movimento sul cross Usd/Yen. Nei mesi successivi il cross trovò una stabilizzazione e vi fu un deciso recupero sulle varie asset class. Il violento movimento da 122 di fine anno ai 114 attuali ha innescato la nuova ondata ribassista sui mercati.


A questo punto la correlazione tra andamento valutario e andamento dei mercati appare piuttosto evidente e l'atteggiamento delle banche centrali e sopratutto della Fed sarà decisivo per l'andamento futuro dei mercati. 
In questo momento la Fed si trova in una morsa pericolosa. Da una parte ha intrapreso un sentiero di normalizzazione della politica monetaria con il primo rialzo dei tassi a dicembre scorso. Dall'altra si trova davanti a un deterioramento del ciclo economico negli Stati Uniti. 
Qualora fossimo davanti a uno scenario di recessione globale la Fed sarà costretta a rivedere la propria politica monetaria riabbassando prontamente i tassi di interesse e valutando addirittura i tassi negativi ( parole della Yellen di una settimana fa) e questo ovviamente sarebbe negativo per tutte le asset class ad esclusione dei titoli governativi americani e di alto merito creditizio. 
Qualora invece l'economia americana continui a ritmi di crescita moderati/sostenuti senza troppe incertezze la Yellen dovrà alzare i tassi e questo innescherebbe nuove pressioni a livello mondiale sia sul Dollaro sia su tutti i paesi emergenti che sono collegati ad esso. Anche in questo caso la volatilità sui mercati sarebbe elevatissima basti pensare a cosa è successo ad agosto 2015 quando la Cina svalutò lo Yuan.  


giovedì 11 febbraio 2016

Abbiamo visto le onde gravitazionali....si, sui mercati!!!


Continua il bagno di sangue sui mercati azionari e non di tutto il mondo. La situazione appare grave e le banche centrali al momento non sembrano in grado di riportare la giusta fiducia sul sistema finanziario. Basti pensare che oggi la banca centrale svedese ha tagliato i tassi di interessi portandoli a -0,5% e tutto ciò non è bastato ad arginare il crollo epocale dei mercati. La borsa italiana ha perso il 5,6% solo oggi aggiornando la performance da inizio anno a un clamoroso -26,3% in appena 40 giorni e del 30,6% da inizio dicembre.  Dai massimi di luglio scorso l'indice accusa un calo del 34,7%! 


Davvero spaventoso l'andamento dell'indice delle Banche Italiane che nelle ultime settimane è davvero sprofondato crollando di quasi il 50% dai massimi di Luglio 2015. 



A livello europeo la situazione non è molto migliore con l'indice Eurostoxx che da inizio anno perde il 18% e quasi il 30% dal picco del 2015.


lunedì 8 febbraio 2016

Aggiornamento mercati azionari da inizio anno



Continua il crollo dei mercati azionari da inizio anno. Ecco le variazioni drammatiche da inizio di questo 2016.

mercoledì 3 febbraio 2016

Bear Market 2016 ….again

Bear Market 2016 ….again


Il primo mese di questo 2016 è stato indubbiamente uno dei peggiori mesi della storia dei mercati finanziari. Il Bear Market ha avuto la meglio e gli investitori hanno fatto più o meno tutti la fine di Di Caprio nell’ultimo film (Revenant) .
La situazione va analizzata su più fronti cercando di interpretare al meglio la possibile evoluzione futura da questi livelli.

1) I mercati negli ultimi 5 anni sono stati drogati/tranquillizzati dalla politica monetaria ultra-espansiva delle banche centrali di tutto il mondo. A parte la Fed tutte le altre banche centrali mondiali continuano ad assumere un atteggiamento molto flessibile ed espansivo per sostenere i mercati. Va sottolineato che la scorsa settimana la Banca Centrale Giapponese ha portato il tasso ufficiale di riferimento in territorio negativo a -0,1%. A seguito di questa manovra a livello mondiale si è raggiunta la cifra record di 5.500 Miliardi di dollari di titoli di stato in territorio con rendimento negativo, e tale cifra è probabilmente destinata ad aumentare nei prossimi mesi quando anche la BCE adotterà ulteriori manovre espansive. 


La prima domanda che viene spontanea porsi è : “ha senso per un investitore investire in titoli a rendimento negativo?” La risposta banale sarebbe no ma la realtà e che c’è talmente tanta paura di perdere ingenti quantità di soldi a causa della fortissima volatilità che caratterizza i mercati che si investe quel capitale in titoli sicuri a rendimenti leggermente negativi (come se fosse un assicurazione). Contemporaneamente la liquidità del sistema finanziario non è bassa anzi denota un immobilismo preoccupante tra gli investitori come nella crisi del debito sovrano in Europa tra e 2011 e 2012.
Il grafico sottostante mostra l’excess liquidity dell’Eurozona e come si può notare negli ultimi mesi c’è stato un nuovo picco simile a quello registrato a giugno 2012. 


Siamo ormai in un nuovo mondo quello definito ZIRP (Zero interest-rate policy) e in alcuni casi anche sotto zero (Svizzera e Germania). 




I titoli di stato tedeschi sono scesi a nuovi minimi assoluti sulle scadenze fino a 7 anni. Impressionante pensare che un titolo a 5 anni renda -0,24% all’anno, mentre per trovare un rendimento positivo bisogna allungarsi a titoli che scadono nel 2024. Un decennale rende appena lo 0,29%. A fianco i rendimenti euribor su varie scadenze. Va segnalato che l’euribor a 3 mesi a cui sono legati molti mutui è in territorio negativo (-0,16%). Gli Euroswap sono tutti negativi fino a 4 anni (-0,05%)
Questi tassi esprimono un concetto molto semplice: nei prossimi anni non ci sarà inflazione e anzi c’è un concreto rischio di deflazione o di perdita di valore da altri asset finanziari/reali altrimenti tutto ciò non sarebbe coerente. La storia ci insegna che il mercato ha sempre ragione e conosce ragioni che la ragione non concepisce.
Difficile comunque immaginare che le banche centrali adottino politiche monetarie restrittive nei prossimi 12 mesi dato lo scenario macroeconomico mondiale attuale che sembra impostato verso una stagnazione/rallentamento economico.
)  2) Crisi Cinese: Il tracollo della Borsa cinese appare giunto ad un livello significativo almeno da un punto di vista grafico visto che sono stati raggiunti i livelli di fine 2014 e le quotazioni sembrano aver trovato un debole supporto in area 2620 punti dove transita la media mobile a 200 settimane.
In un contesto di stabilizzazione economica e di dati macro coerenti con le aspettative di crescita della Cina le quotazioni dovrebbero assestarsi attorno a questi livelli. Qualora dovessimo invece trovarci davanti ad un violento rallentamento economico/recessione le quotazioni potrebbero anche tornare in area 2000 punti sui valori minimi del 2013.


1 3)  Petrolio e Materie Prime: Le quotazioni continuano a rimanere su valori estremamente bassi (30$), attorno ai minimi registrati durante la crisi 2008-2009. Di per se non è un elemento negativo per la crescita economica europea anzi visto che in tal modo risparmiamo miliari di euro ogni anno da poter spendere in attività produttive ed in consumi ma i rischi a livello globale di qualche default di big player del comparto petrolifero e di conseguenza di qualche grande banca a livello mondiale possono rappresentare un concreto pericolo per l’economia mondiale. 



1 4)   Rischi di deflazione. Gli ultimi dati disponibili parlano di un inflazione ancora molto anemica in europa e i rischi di avere ulteriori rallentamenti nei prossimi mesi appaiono evidenti anche dalle parole di Draghi e degli altri esponenti della BCE.  Il forward swap 5x5 europeo ha toccato nuovamente 1,5% valore minimo che fu toccato a gennaio 2015 quando Draghi lanciò di fatto il quantitative easing per contrastare il rischio deflattivo. Probabile in tal senso una manovra significativa da parte della BCE nella prossima riunione di Marzo.



Da segnalare che anche il 5X5 forward swap americano è letteralmente crollato nelle ultime settimane passando da 2,70% di dicembre 2015 al 2,29% attuale valore già toccato a Gennaio 2015. Anche in questo caso le aspettative di inflazione in America sono molto più basse di 1 mese fa . 

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    5)   Crescita degli utili e crescita economica. Negli ultimi mesi del 2015 la crescita economica a livello globale sembra essere in deciso rallentamento. Nei prossimi mesi avremo i dati ufficiali ma di certo gli ultimi dati macroeconomici hanno segnalato un rallentamento dei vari indici predittori del tessuto economico sia in Europa sia in Cina che in America.

1 6)    Tensioni quasi alle stelle sui mercati finanziari: 



Da inizio 2016 tutti i mercati azionari mondiali sono in territorio negativo con performance che in molti casi superano il 10%. Da segnalare che il momento magico dell’Italia sembra essersi interrotto a fine 2015. Infatti a livello europeo è il peggior listino di questo 2016 con una perdita del 17%. Ad appesantire il listino italiano sono state principalmente le banche che hanno accusato una perdita del­ 26,3% (indice It8300 delle banche italiane).